mercoledì 7 settembre 2011

ecco perchè...

Iniziamo insieme questa avventura, trascrivendo pian piano il mio vissuto nel mondo della Pet Therapy, nome inappropriato per definire le Attività Assistite con gli Animali (AAA)

Il tutto inizia quando, al termine di un viaggio di circa 200 km, io e la mia cagnolina scendiamo dalla macchina e ci avventuriamo sulla sabbia di una spiaggia vergine, vuota e con molte sterpaglie. Un gruppo di ragazzini, immigrati, di diverse nazionalità mi si avvicinano per salutarmi.. ma poi vedono Kim. La loro religione ha qualche ostacolo che non conosco con i cani, perciò gli spiego che la piccola "intrusa" è mia e che se crea loro problemi posso portarla via. Il più grande di loro, di cui ben conosco il carattere rude e collerico, la osserva a lungo, si guarda attorno e dice che Kim può restare.

Pian piano i ragazzini più piccoli iniziano a tirare conchiglie vicino alle sue zampine e a ridere quando lei cerca di prenderle al volo. La tengo sempre ben ferma al guinzaglio: non sono ancora sicura che l'abbiano accettata.

Passiamo un'ora sulla spiaggia, sedute su una vecchia barca di legno azzurro rovesciata.. i ragazzi ormai si sono abituati alla nostra presenza e urlano, con il loro italiano stentato, semplici frasi: Kim seduta - Kim zampa - brava Kim.
Poi mi chiedono di accarezzarla e di tenerla in braccio.
La osservo, lei si fida. Mi fido anch'io.

Così nasce l'idea di poter applicare la mia passione per i cani e gli animali in genere al volontariato che svolgo, da diversi anni, con le fasce vulnerabili.
Ma come ogni idea, deve avere dei sentieri sicuri su cui viaggiare: conoscenza delle diverse patologie delle persone con cui andrò ad interagire e dell'animale che sarà con me.
Così inizia un viaggio a doppio binario: da un lato lunghe chiacchierate con i genitori dei ragazzi multiproblematici che mi capita di assistere, dall'altro corsi e letture sulla psicologia canina, sui diversi orientamenti di pet therapy, sulla zooantropologia didattica..

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